Chirurgia Ricostruttiva

Ricostruzione mammaria

Dopo un tumore, si può non solo guarire, ma anche tornare come e meglio di prima. La chirurgia ricostruttiva della mammella attinge a piene mani a quella estetica, per un risultato finale veramente gratificante. L’intervento viene ormai proposto di routine a tutte le donne operate di mastectomia, con grande vantaggio per la qualità della vita.




Ridurre il dolore dopo la mastectomia

Dimenticare di aver avuto un tumore al seno è un'impresa impossibile se - ogni giorno, ogni ora - c'è un dolore a ricordarlo. Il dolore non è nell'anima, ma presente “in carne e ossa”, e lancinante: tra l'ascella, la cicatrice lasciata dalla mastectomia (cioè l'asportazione completa della mammella) e il braccio. Si tratta della cosiddetta Post Mastectomy Pain Syndrome, o PMPS, un disturbo che colpisce circa il 40% delle donne operate, compromettendone gravemente la qualità di vita e costringendole ad assumere con continuità, ma con risultati poco soddisfacenti, antidolorifici, anti-infiammatori e antidepressivi. Numeri e disturbi che acquistano una grande importanza anche considerando che il tumore al seno è il più diffuso al mondo nella popolazione femminile. “Autologous Fat Graft in Postmastectomy Pain Syndrome” è lo studio pubblicato nel 2014 dalla mia equipe in Humanitas sulla più prestigiosa rivista di chirurgia plastica del mondo, il Plastic and Reconstructive Surgery Journal (www.prsjournal.com).
Lo studio indaga gli effetti del lipofilling (autotrapianto di grasso) in pazienti operate di mastectomia e affette da PMPS. In base ai dati dell'indagine, dopo un autotrapianto di grasso il dolore nelle pazienti affette da PMPS è diminuito di 3,23 su una scala di 10. E il miglioramento rimane costante nel tempo. Ancora, il tutto è conseguenza di un trattamento poco invasivo e non doloroso, insomma particolarmente indicato in pazienti che hanno già alle spalle cure e trattamenti impegnativi.
Nel caso delle donne operate di tumore al seno, l'infiltrazione di grasso è avvenuta nella zona della cicatrice. I risultati dello studio, che ha coinvolto 113 donne, sono molto positivi, ma ovviamente c'è ancora molto da indagare. A iniziare dalla causa stessa del dolore: forse conseguenza di un danno alle terminazioni nervose locali, forse dell'intrappolamento delle terminazioni nervose nei tessuti cicatriziali, forse ancora di uno stato infiammatorio cronico dovuto alla radioterapia. Grazie alle cellule staminali adulte presenti nel grasso, l'innesto adiposo contribuisce a ridurre lo stato di infiammazione cronico. Inoltre, come più volte constatato, si verifica un importante rimodellamento della cicatrice, che diventa più morbida e meno visibile.


Tumori del volto e tumori cutanei in generale

Basaliomi, spinaliomi e melanomi sono i più diffusi tumori cutanei. Ovviamente, il primo, irrinunciabile passo per curarli è quello di estirparli: una cura che crea immediatamente un danno estetico e di conseguenza una necessità ricostruttiva. Per definizione, infatti, l’asportazione di un tumore cutaneo lascia dietro di sé un “vuoto” nei tessuti di rivestimento, che deve essere riempito. Dimensione e posizione del danno da riparare (una cosa è un “buco” sulla schiena, un’altra sul naso) fanno la differenza, spingendo il chirurgo a scegliere il tipo di lembo autologo (cioè del paziente stesso) da utilizzare: i più vicini, che vengono “girati” allo scopo, oppure i cosiddetti lembi liberi, cioè che sono stati completamente staccati da un’altra parte del corpo. La conservazione dei vasi principali, suturati a quelli presenti nella sede in cui si trovava il tumore, permettono ai tessuti trapiantati di attecchire, continuando a vivere. Per ottenere il miglior risultato estetico, di solito in un secondo momento si ricorre al lipofilling, tecnica con cui si riducono, fin quasi a renderle invisibili, cicatrici e disomogeneità dei tessuti.


Ustioni ed esiti di ustione

Il paziente ustionato arriva all’attenzione del chirurgo plastico quando è tecnicamente “guarito”. Ormai lontano dalla fase acuta, quella magari in cui è stato anche in pericolo di vita, la ricostruzione coincide con la possibilità di ricominciare una vita il più possibile normale. Una persona ustionata, infatti, non è solo quella a cui il caffè bollente ha segnato una gamba, ma anche quella raggiunta al viso da un ritorno di fiamma del barbecue, con esiti devastanti sul piano estetico, ovviamente, ma anche su quello funzionale. Inutile dire che l’intervento ricostruttivo varia caso per caso, con un range di possibilità molto ampio, che può anche essere molto prolungato nel tempo. In linea di massima, in una prima fase si procede “recuperando” il più possibile tessuti. Se pensiamo al caso di una bocca che non si apre più, le prime mosse dopo la guarigione clinica vedranno l’impiego di innesti cutanei, per recuperare il più possibile funzionalità e mimica. Fatto “il grosso”, entra in scena il lipofilling, tecnica pochissimo invasiva (un elemento da non trascurare, in un paziente che ha già subito interventi e lunghe cure) che dà ottimi risultati, favorendo una sorta di rinascita nei tessuti cicatriziali. Dopo il lipofilling, infatti, anche i tessuti più “duri” (come sono quelli cicatriziali di un ustionato, quasi simili al cuoio) diventano elastici, più morbidi e più vitali.


Chirurgia delle malformazioni

Appartengono alla chirurgia delle malformazioni due grandi famiglie: le malformazioni del volto e quelle delle mammelle (anche se ovviamente esistono malformazioni di molte altre parti del corpo, dalle orecchie alle mani).
Il volto
Per quanto riguarda le malformazioni del volto, la più comune, nonché una delle più gravi, è sicuramente la labiopalatoschisi, il cosiddetto labbro leporino. Come nel caso delle ustioni, anche in questo i pazienti arrivano dal chirurgo plastico solo in un secondo momento, dopo l’intervento di chirurghi otorini e maxillofacciali. Insomma, quando arriva in studio il paziente è giudicato guarito, ma comunque bisognoso di piccoli interventi, utili a rendere il più possibile invisibile il “difetto” originale. Nel caso della labiopalatoschisi, la correzione più frequente vede il ricorso al lipofilling, con cui si attenuano gli esiti cicatriziali lasciati dai precedenti interventi, di solito ben visibili sul labbro superiore.
Le mammelle
Sempre più affrontate, le malformazioni delle mammelle non sono necessariamente più frequenti oggi di quanto non fossero un tempo. Semplicemente, vengono maggiormente curate, in conseguenza di un cambiamento culturale e di risultati finali sempre più gradevoli. Come in tutta la chirurgia ricostruttiva, infatti, tecniche e “attenzioni” sono le stesse della chirurgia estetica. E i risultati sono all’altezza. Le malformazioni più diffuse delle mammelle (una malformazione considerata evolutiva, in quanto non si palesa alla nascita, ma dopo lo sviluppo) vengono suddivise in due grandi categorie: quelle che riguardano il complesso areola-capezzolo e quelle che riguardano la mammella. Nella prima, di soluzione chirurgica semplice e veloce, ci sono l’atelia (assenza di capezzolo e areola), la politelia (presenza di capezzoli e areole in sovrannumero) e il capezzolo introflesso, che per la sua naturale conformazione impedisce l’allattamento. Fanno parte della seconda, grande famiglia le malformazioni di soluzione più complessa, che richiedono un intervento chirurgico vero e proprio e spesso l’impiego delle protesi di silicone, le stesse usate a scopo puramente estetico nella mastoplastica additiva.
Tra le malformazioni più comuni ci sono
– asimmetria mammaria, in cui una mammella è decisamente più grande dell’altra. A seconda dei casi, si affronta aumentando o riducendo una delle due
– seno tuberoso, in cui una mammella è a forma cilindrica e l’altra normale. Dopo aver rimodellato la mammella tuberosa, se necessario si rende simmetrico il risultato utilizzando una protesi di silicone
– sindrome di Poland. In assoluto la più rara tra queste, comporta una mammella sviluppata normalmente e una invece totalmente assente. Infatti, oltre a mancare la ghiandola, manca anche il muscolo. La soluzione vede sempre l’impianto di una protesi di silicone.


Esiti di obesità

In passato era un’eccezione, adesso è una malattia sociale. L’obesità dilaga e, con lei, aumentano gli sforzi tesi a favorire il ritorno a una vita normale. Inutile dire che gli interventi a carico di stomaco e intestino, quelli che permettono di perdere “almeno” 50 kg, non sono materia da chirurgo plastico (è il campo della chirurgia bariatrica). Invece, lo sono tutti quelli volti a ridefinire i contorni del corpo, eliminando la grande quantità di tessuti molli e svuotati che, inevitabilmente, un dimagrimento di queste proporzioni lascia dietro di sé. L’intervento di chirurgia plastica sugli esiti da obesità richiede grande attenzione (un paziente ex-obeso è comunque un paziente più “delicato” degli altri, perché anni di sovrappeso possono aver lasciato conseguenze su cuore e sistema circolatorio in generale) e spesso avviene in diverse tappe. Per questo, innanzitutto si definisce un iter chirurgico, stabilendo quali interventi prevedere in ogni seduta (di solito almeno 2). In generale, dopo un dimagrimento così importante le aree da trattare sono le cosce, le braccia, l’addome e, nelle pazienti di sesso femminile, le mammelle. Data la grande quantità di tessuti lassi e molli da rimuovere, però, non si parla di lifting di cosce e addome o di addominoplastica, ma di dermolipectomia inguino-crurale, brachiale e addominale.


Trattamento delle cicatrici ed esiti traumatici

La chirurgia plastica affronta il trattamento delle cicatrici e degli esiti traumatici per step e con diverse tecniche. Generalizzare è difficile, visto che un conto è trattare una cicatrice dolente e che “tira” (è proprio questa la sensazione che avverte il paziente), un altro volerne semplicemente migliorare l’aspetto. Generalizzando il più possibile, si può ritagliare la cicatrice, oppure scegliere di migliorarne l’aspetto ricorrendo al lipofilling. Si decide di ritagliarla per far sì che la nuova cicatrice si possa sviluppare nelle migliori condizioni (cosa che non necessariamente è avvenuta con la prima cicatrice), cioè innanzitutto senza condizioni di tensioni e prevedendo la giusta terapia, che consiste essenzialmente in brevi automassaggi (per far sì che la cicatrice sia morbida) e compressioni (per evitare che sia sporgente). In alcuni casi, dopo averla ritagliata può essere necessario chiudere il “buco” ricorrendo a un auto-trapianto di cute, a seconda dei casi prelevata da parti poco visibili del corpo, oppure utilizzando un lembo di tessuto vicino alla cicatrice, che opportunamente avvicinato e girato. In alternativa o a completamento di questo trattamento, il lipofilling viene utilizzato per rendere meno visibile una cicatrice, migliorandone quindi l’aspetto. Ricco di fattori di crescita, il grasso viene prelevato da una sede donatrice (spesso l’addome o i fianchi) e trasferito là dove si vuole rendere i tessuti più morbidi, elastici, turgidi e vitali. A seconda della situazione di partenza, si prevede uno o più trattamenti di lipofilling. Da notare che, dopo ogni trapianto, circa il 40% di quanto trasferito viene metabolizzato dall’organismo e quindi perduto. Il rimanente 60%, invece, entra definitivamente a far parte dei tessuti. Nella maggioranza dei casi, gli interventi di revisione delle cicatrici avvengono in anestesia locale.


Ricostruzione della parete addominale

L’intervento si rende necessario in donne geneticamente predisposte e che hanno avuto diversi figli, così come in uomini che hanno subito un forte dimagrimento (dopo essere ingrassati soprattutto sull’addome). Infatti, notevoli variazioni di forma e peso possono determinare grande fragilità della parete addominale. Ovviamente non è visibile esternamente, ma è come se nella pancia ci fosse un “buco”. Per riempirlo si ricorre appunto alla ricostruzione della parete addominale, che prevede l’avvicinamento dei muscoli addominali superstiti (che vengono suturati allo scopo) e l’inserimento di una rete, che di fatto impiazza la funzione della parete addominale indebolita. L’intervento avviene in anestesia generale.


Chirurgia dei traumi del volto

Si indirizzano alla chirurgia plastica i traumi del volto e spesso dei tessuti molli di altre sedi del corpo. In particolare, per quanto riguarda il volto, è soprattutto il naso ad essere esposto a traumi, soprattutto sportivi e casalinghi, seguito da zigomi e mandibola. È importante una diagnosi precoce che aiuti a scongiurare complicazioni maggiori e poi le ossa fratturate possono essere rese stabili in sala operatoria. Per quanto riguarda ferite e tagli dei tessuti molli, suturarli bene, ripristinando la normalità dei tessuti, è importante quanto spiegare bene cosa fare successivamente per trattare le cicatrici che ne derivano.


Lipofilling ricostruttivo

Il lipofilling è la tecnica che utilizza il grasso del paziente stesso, detto grasso autologo, per ridare consistenza e volume a zone che lo hanno perduto. Qui sotto, gli utilizzi del lipofilling a scopo ricostruttivo, che riguardano soprattutto il miglioramento di cicatrici dolenti e i trattamenti post-traumatici e onocologici. Nella sezione Chirurgia Estetica, invece, l’impiego del lipofilling volto riempire i solchi del viso e ad aumentare, ad esempio, il volume degli zigomi o la proiezione di menti naturalmente sfuggenti. Scarica il pdf con tutte le informazioni